
Antonio Sisto Rosso o.f.m.
(1904-1990), autore del presente
articolo, fu missionario in Cina negli anni 1931-1940. Passato in U.S.A., vi conseguì il dottorato di ricerca presso la Columbia
University di New York, e negli anni
1945-1954 insegnò storia
e filosofia dell'Asia e lingue vinsse alla Catholic University of America di Washington. E'
coeditore della raccolta Sinica Franciscana presso il Collegio Internazionale S. Antonio di Roma. Ha lette Otto volte l'opera Il noema dell'Uomo-Dio, scoprendovi sempre qualcosa di nuovo.
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Mentre in Gerusalemme cresceva la persecuzione contre
Gesù, alla fine del sue terze anno di vita pubblica, qualche giorno avanti la festa della Dedicazione
del Tempio (25 Casleu .
25 Dicembre, anno 29 d.C. a 33o compleanno di Gesù),
la matrona romana Valeria
mandà a dire al Maestro
di trovarsi presso la sinagoga
dei liberti romani.
Valeria era la moglie
d'un funzionario romano al servizio
del procuratore Ponzio Pilate, madre della bambina Fausta miracolata da Gesù circa due anni prima,
in seguito divenuta virtuosa discepola e per ciè ripudiata dal marito.
La sinagoga dei liberti sorgeva proprio all'opposto del Tempio, sul
lato ouest della città,
presso l'Ippico, il bastione
innalzato da Erode il Grande sull'angolo
nordovest della sua reggia e sovrastante la via di Giaffa.
Appena Gesù venne segnalato al principio della via della sinagoga, Valeria gli andò incontro
con un gruppo di donne, lo
ringraziò d'essere venuto e gli chiese se entrava allora in città.
"No. Vi sono dall'ora
di prima. Sono stato al Tempio".
" Al Tempio? Non ti hanno insultato?»
" No. L'ora era mattutina e la mia venuta ignorata
".
"Ti avevo fatto chiamare per questo... e anche
perché qui sono dei gentili che
vorrebbero sentirti parlare. Da giorni andavano al Tempio in tua attesa. Ma erano
beffati e minacciati
anche. Ieri c'ero anch'io ed ho capito che ti si attende per insultarti ".
Poi gli presentò le compagne cosi :
" La mia liberta
Tusnilde. Barbara due volte, Signore. Delle foreste di Teotuburgo. Una preda di quelle imprudente avanzate
che tanto sangue hanno costato. Mio padre la regalò a mia madre, ed
ella a me, alle mie nozze. Dai suoi dèi
ai nostri. Dai nostri a Te, perché essa fa ciò che io
faccio. È buona tanto. Le altre donne sono mogli ai gentili che ti attendono. Di ogni regione. Per lo più sofferenti. Venute con le navi dei mariti ".
Accolto rispettosamente
dal sinagogo Matatia
Siculo, Gesù entrà nella sinagoga e vi ammaestrò, oltre a degli israeliti e proseliti sinceri, anche gentili di ogni parte del mondo : di Creta, Fenicia, Ponte, Frigia, e perfino delle spiagge dove s'apriva " lo sconosciuto mare,
via a sconosciute terre" in cui pure Egli sarebbe stato amato.
Contro l'interpretazione
di certi esegeti, si trattava di un'unica sinagoga accogliente gente di
varia estrazione etnica e
religiosa, compresa
Tusnilde.
Leggendo questo nome, mi son detto :
Tusnilde! Chi era costei ? Personaggio reale o fittizio ?
Anzitutto mi son posto alla ricerca del toponimo Teotuburgo. L'ho trovato nella Germania nordovest, seppure con grafia leggermente diversa, cioè Teutoburg. Ê un rilievo
collinoso ricoperto di una foresta di faggi che dalle
sorgenti del fiume Lippe si estende
verso NO per 113 km di lunghezza e 3-10 km di larghezza fine a Rheine sul fiume Ems. Vi si svolse la battaglia della Selva di Teutoburg (in tedesco, Teutoburger
Wald), combattuta nei
giorni 9-11 settembre dell'anno 9 d.C., fra le legioni romane del Reno comandate da Publie Ouintilio Varo e i Cherusci ribelli guidati da Arminio, e conclusa colla disfatta dei Romani. Unica fonte storica
della Selva di Teutoburg è Publio Cornelio Tacito (circa
55-120 d.C.), Annales,
I, 60, descrivente la battaglia
del 15 d.C. contro i Brutteri "
non lungi dalla selva
Teutoburgense " (" haud
procul Teutoburgiensi saltu ") dove, a quanto
si diceva, rimanevano insepolti i resta di Varo e dei suoi legionari.
Gradualmente le legioni romane si riorganizzarono
e ripresero posizione contro le tribù germaniche in continuo fermente.
Sul principio del 15 d.C.
Germanico accorse dalla Gallia in aiuto a Segeste, capo dei Cherusci, che la sua stessa gente
aveva assediato per indurlo a unirsi al proprio nipote Arminio nella lotte contro i Romani. Germanico sconfisse gli assedianti, liberò Segeste, ma ritenne prigionieri — con molti altri — la di lui figlia Tusnilde in quanto moglie
e fedele partigiana
di Arminio.
Costui, al tempo della
sua ribellione contro Varo, rapí questa
figlia di suo zio paterne benché fosse stata
promesse a un altro, indi
la sposó e era ne aspettava un figlio, che poi entre l'anno nacque in cattività e fu chiamato Tumelico. Tacito narra
le vicende della moglie e del figlio di Arminio senza mai darne i nomi, che invece sono esattamente registrati da Strabone, storico e geografo greco del 63 a.C. -25 d.C. circa, in Geografia,
VII, 292.
Una volta in Germania nordovest, Germanico ingaggió battaglia contro i ribelli e ottenne brillanti seppur parziali vittorie, Geloso dei di lui successi, Tiberio nel 16 d.C. Io richiamò col pretesto di pacificare
l'Oriente
e gli decretò il trionfo, che di fatto si svolse alla presenza dell'imperatore il 26 maggio dell'anno 17. Sul carre del trionfo erano
Germanico coi suoi Cinque
figli, Segeste col figlio Sigismondo e la figlia Tusnilde col di lei figlioletto
Tumelico di tre anni. Seguivano altri notabili, prigionieri di guerre, trofei, nonché plastici dei monti, fiumi e combattimenti di quelle remote regioni.
Questi plastici e
relative didascalie costituivano una preziosa fonte storico-geografica per gli
archiva di stato.
La testimonianza poi di Strabone(riveste un valore singolare, in quanto egli fu contemporaneo ai fatti narrati e con ogni probabilità spettatore del trionfo durante la sua ultime
visita a Roma negli anni
17-18, inserendone le ultime notizie
nella sua opera già praticamente compiuta nel 7 a.C. Egli è l'unica fonte storico-onomastica
di Tusnilde e Tumelico. La sua contemporaneità
e presenza spiegherebbero
la precisione e dovizia
delle sue notizie circostanziali
e onomastiche, a differenza
di quelle più generiche e impersonali
di Tacito che, scrivendo i suoi Annales molto
più tarda, ignorava serti data e nomi o non li riteneva ormai degni di particolare menzione.
Dall'anno 17 al 29 Tusnilde passò
per vicende in buona
parte ignote. Dopo il trionfo di Germanico, da prigionieri certo diverme schiava. Nell'autunno del 19 perdeva il marito Arminio. ucciso a 37 anni in patria dei suoi stessi gregari
perché aspirava al regno,
mentre il 10 ottobre
delle stesso an-no moriva
avvelenato ad Alessandria d'Egitto
il suo buon padrone Germanico.
Quindi il figlioletto Tumelico le veniva tolto e mandato a Ravenna perché fosse allevato all'uso romano
ed ella stessa veniva ceduta — probabilmente da Agrippina, vedova di Germanico — al padre di Valeria
che la passò alla madre e questa alla figlia in regalo di nozze.
Sposa novella e prossima alla maternità,
Valeria si portò Tusnilde in Giudea
nel 27, quando andò a raggiungere il proprio marito, funzionario di Pilate.
In principio del 28,
Valeria ottenne da Gesù la
guarigione della sua bambina Fausta e gradatamente
si convertí al Salvatore. Per questo
il marito di lei, immerso
nel più sensuale paganesimo, la abbandonò. Ella invece progredí nella nuova fede,
un bel giorno affrancó Tusnilde e così in dicembre del 29 la poté presentare a Gesù come la sua liberta.
Il poema
ricorda ancora
Tusnilde in relazione a un convegno
di discepole invitate da Gesù nella villa di Lazzaro a Betania il venerdí avanti il suo ingresso trionfale in Gerusalemme (31 marzo 30 d.C.), ossia una settimana avanti la sua morte di croce, a
ricevere le sue ultime istruzioni
ed esortazioni. Allora Valeria confidò a Gesù che
i sui parenti le avevano mandato une della sua famiglia a persuaderla di tornare in Italia con molte promesse di gioie future.
Ella invece era decisa di rimanere assieme a Tusnilde dive Gesù le
aveva salvata la figlia, dove era nata la sua nuova fede e dove tutto parlava
di Lui. E sentendo che Gesù raccomandava a qualche discepola di tenere i bambini ben custoditi in casa nei prossimi giorni di odio, tumulto et delitto, Valeria disse : " Manderò Fausta con Tusnilde a Bétèr prima del tempo fissati. Doveva andarvi dopo la Festa [di Pasqua]
".
Bétèr era il sito dove Giovanna, altra miracolata e discepola, possedava une villa circondata da vasti e incantevoli giardini e vivai, e dove amorevolmente ospitava Valeria
e i di lei familiari, compresa
Tusnilde. Benché confortata
dalla sua nuova fede e dall’affetto delle condiscepole,
Tusmilde certo soffriva per la separazione dal
figlio. Forse ella mai seppe che Tumelico aveva incontrato fine miserevole già nel 47 d.C., a soli 32 anni.
È possibile che Tusnilde sia menzionata in qualche altro scritto di Maria Valtorta, come
la storia inedita dei
prima cristiani e martiri.
Comunque, da questa accenni si può inferire che Tusnilde rimase fedele e fervente nella nuova religione,
che la consolava dei tanti strazi sofferti : rapimento da parte
di Arminio, guerre, prigionia,
schiavitù, morte del marito, violenta separazione
dal figlio in tenera età, Cambio di padroni, perigliosi viaggi e indicibili disagi. Ora finalmente
la sua sofferenza aveva
une scopo e un conforte supernaturale.
Molti componimenti letterari rappresentano Arminio come l'eroe dell'indipendenza germanica da
Roma e Tusnilde come il tipo della
donna germanica che nelle guerre contro Roma seguiva il marito, combatteva al suo fianco, ne divideva la sorte rischiando la morte o la prigionia.
Questa produzione letteraria comprende numerosi dialoghi, romanzi, drammi, tragedie e opere musicali, però ha scarso o nessun valore storico. Se ne può leggere una
rassegna in Dizionario
letterario Bompiani delle
opere e dei personaggi di
tutti i tempi e di lutte le letterature (vol. VIII,
Milano, Valentino Bompiani 1950), p. 74-76,
841-843. Il Museo Capitoline di Roma conserva un
buste di Arminio di epoca
romana, mentre la Loggia
dei Lanzi di Firenze mostra
una statua ritenuta di
Tusnilde in posture eretta e mesta,
force opera rinascimentale.
In conclusione, la Tusnilde de Il poema dell'Uomo-Dio è indubbiamente la stessa persona
indicata da Tacito come
" moglie di Arminio
" e chiamata dal greco
Strabone Thousnelda.
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